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Direttore: Alessandro Plateroti

Previsioni economiche dell’11 novembre: la caduta del muro.

soldi e grafici

Esattamente 35 anni fa (era il 9 novembre 1989) cadeva il muro di Berlino, “simbolo” della contrapposizione tra occidente e Paesi dell’Est europeo, e quindi, in termini politici e di modi di vivere, tra libertà e oppressione.

Un passaggio fondamentale per l’unificazione delle 2 Germanie, che avvenne ufficialmente il 3 ottobre 1990, quando i 5 “lander” da cui era formata la Germania Est (che nel frattempo erano stati aboliti e trasformati in province), vennero ricostituiti e aderirono alla Repubblica Federale di Germania (così si chiamava la Germania Ovest). Questo, infatti, amministrativamente era il modo più rapido ed efficace per dare vita alla “Germania unificata” (sostanzialmente una incorporazione per adesione, che permise il mantenimento della Costituzione, dei Trattati Internazionali e delle Istituzioni).

I costi della riunificazione, si sa, furono enormi, in considerazione, soprattutto, dell’ammodernamento delle infrastrutture presenti in quella che allora era la Germania dell’Est, oltre a quelli sociali: basti pensare al processo di “de-industrializzazione” che colpì la Germania Est, causando centinaia di migliaia di disoccupati, costretti a trasferirsi nella parte occidentale per trovare un nuovo impiego. O ai costi dovuti alle privatizzazioni di aziende assolutamente arretrate da un punto di vista tecnologico: a tal proposito esiste ancora un trattato che prevede il “trasferimento” verso i territori dell’est di uno stanziamento di € 100 MD per la “ricostruzione”.

Nonostante questo, solo nel 1993 (e poi esattamente 10 anni dopo) l’economia tedesca è caduta in recessione: mai, comunque, per 2 anni consecutivi, come, invece, si sta verificando nell’ultimo biennio (ormai è praticamente certo che dopo la flessione dell’anno scorso, anche il 2024 si concluderà, seppur di poco – le previsioni stimano un – 0,2% – in negativo).

Una crisi senza dubbio certificata da quella politica, dopo il “dimissionamento”, da parte del Cancelliere Scholz, del Ministro delle Finanze Christian Lindner, che ha sostanzialmente messo fine alla “maggioranza semaforo”, che comprendeva, appunto, partiti tra loro molto lontani, identificati da “colori” diversi.

La cosa colpisce ancora di più in quanto, forse per la prima volta dai drammatici anni 20-30 del secolo scorso, si torna a parlare, sui mercati, del “rischio Germania”.

Ne abbiamo evidenza analizzando l’andamento del bund tedesco.

Da sempre il titolo governativo tedesco è considerato “free risk”: in altre parole, il suo rendimento non era soggetto al “rischio Paese” come normalmente succede per ogni economia. Riprova ne é il fatto che, in tutti questi anni (almeno dalla nascita dell’€), mai il rendimento del bund era andato “sopra” quello dell’IRS, acronimo di Interest rate swap, il tasso interbancario europeo, applicato a varie scadenze e utilizzato, per esempio, per definire il tasso sui mutui a tasso fisso. E considerato, a livello europeo, a rischio zero, appunto in quanto non soggetto al “rischio Paese”. Una situazione “normale” per pressochè tutti i Paesi europei, come dimostrano gli spread, per es, non solo di Francia, Spagna, Italia, Portogallo, ma anche dei Paesi nordici. Quindi, nei fatti, anche la Germania comincia ad essere considerato un Paese a rischio, né più né meno degli altri Partner europei.

Seppur gravata da una crisi economica a cui non era abituata, la Germania ha tenuto, sino a qui, la “barra dritta” per quanto riguarda il debito pubblico: se in Francia siamo a circa il 113-115% e in Italia vicini al 140%, in quel Paese siamo al 63%, praticamente al livello definiti dai trattati europei (60%). Il timore, per i mercati, è che il “baluardo tedesco” venga “aggirato” (Lindner era considerato il “paladino” del rigore, un “ortodosso” che già in passato si era dimostrato non così “allineato” con il cancelliere).

Si parla, quindi, di elezioni anticipate: Scholz ha annunciato che si presenterà in Parlamento tra 2 mesi, vale a dire il prossimo 15 gennaio. Un periodo considerato troppo lontano dalla maggioranza della popolazione tedesca, che vorrebbe una soluzione della crisi in tempi più brevi e, soprattutto, mal per lui, un nuovo leader (in base ad un sondaggio, il 57% dei tedeschi vorrebbe che il suo Partito, l’Spd, lo “scaricasse” a favore di Boris Pistorius, attuale Ministro della Difesa, sempre esponente dei socialdemocratici).

Certo è che la debolezza della Germania contribuisce, non poco, alla debolezza dell’Europa (già “malata” di suo). E questo, nel momento in cui, dall’altra parte dell’Oceano ha trionfato il “predicatore” del Make America Great Again, che ha detto, a chiare lettere, che farà di tutto per riportare gli Stati Uniti al ruolo di “padrone del mondo”, non è un buon segnale per sedersi al tavolo (perché, prima o poi, si inizierà a parlare di dazi, Nato, clima etc etc).

Inizio settimana contrastato per i mercati asiatici, come, peraltro, ormai accade spesso.

A Tokyo il Nikkei ha recuperato la parità proprio in questi minuti.

Va oltre Shanghai, che si è portata a + 0,51%. Nel fine settimana le autorità hanno annunciato l’ennesimo piano di aiuti, questa volta a favore degli enti locali, con finanziamenti, per i prossimi 5 anni, pari a $ 1.400 MD; inoltre, sono stati stanziati circa altri $ 850 MD per aumentare i limiti del debito dei Governi locali (e quindi aumentarne il livello).

Male Hong Kong, con l’Hang Seng che accusa una perdita dell’1,75%.

Vicino alla parità (– 0,10%) Taiwan.

Sale (+ 0,46%) il Sensex a Mumbai.

Futures ben intonati, a partire dal Russell 2000 (small-medium cap Usa), a + 0,80%. Nasdaq + 0,27%, S&P 500 + 0,25%, Eurostoxx + 0,60%.

Petrolio in leggero assestamento (WTI $ 70,30, – 0,23%).

Balzo del gas naturale Usa, a $ 2,828 (+ 5,73%).

Oro ancora in ritirata ($ 2.679, – 0,64%).

Spread a 129,3 bp.

BTP a 3,66%.

Bund a 3,37%.

Oggi mercati obbligazionari Usa chiusi per festività.

€/$ 1,071.

“Decolla” il bitcoin, per la prima volta nella sua storia oltre i $ 80.000 (81.555).

Ps: è partita ieri il Vendée Globe, il giro del mondo in barca a vela, senza scalo e con un equipaggio composta da una sola persona. Una regata lunga circa 45.000 Km. A gareggiare 40 imbarcazioni, tra cui l’italiana Imoca Prysmian, con a bordo Giancarlo Pedote, che già aveva partecipato nel 2020 (si corre ogni 4 anni), arrivando 8°, in 80 giorni 22h 42’ e 20’ (i dettagli contano sempre). A volte i confini tra avventura e “lucida” follia sono difficili da decifrare.

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ultimo aggiornamento: 11 Novembre 2024 8:40

Previsioni economiche dell’8 novembre: Trumpeconomic.